Descrizione
Dalla produzione greca la glittica romana riprese, in particolare, l’uso di incassare gemme ovali incise ad intaglio nel castone di un anello che fungeva da impugnatura, l’anulus signatorius. Usato da entrambi i sessi, strettamente personale e tenuto abitualmente al dito, serviva amarcare la cera che chiudeva esternamente documenti pubblici e privati, con il nome o l’emblema scelto dal proprietario allo scopo di certificarne l’identità. Originariamente questi anelli erano manufatti semplici in ferro e in bronzo, nei quali prevaleva la funzione utilitaria. Successivamente (si pensa in un orizzonte cronologico successivo alle vittorie asiatiche di Scipione e Vulsone che erano considerate uno spartiacque per l’arrivo a Roma del deprecato lusso straniero), la manifattura di anuli signatorii, divenne anche composita grazie all’inserimento nei castoni di gemme decorate a intaglio, con funzione appunto sigillare. Secondo Macrobio (385-430 ca), che cita Ateio Capitone, un giurista vissuto in età augustea, gli antenati portavano con loro anelli non per vezzo, ma come sigillo. Non era pertanto permesso averne più di uno, e nessuno poteva portarlo se non persone libere, in quanto a questi soli si addiceva l’impegno di fiducia rappresentato dal contrassegno.
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